Marketing del vino: la guida completa alla strategia digitale
/In questo articolo parleremo di:
1. Il marketing del vino e delle aziende vitivinicole »
2. I principi della metodologia inbound nel vino »
3. Il Sito Web e la SEO nel settore del vino »
3.1 Le ottimizzazioni on-page »
3.2 Le ottimizzazioni off-page »
4. Il blog sul vino per un’impresa vitivinicola »
5. La generazione di lead (contatti) per una casa vinicola »
6. Il content marketing del vino: come valorizzarlo con metodo »
6.1 Il Golden Circle e i modelli dello Storytelling »
6.2 Come generare idee di contenuto »
6.3 Sviluppare un piano editoriale a lungo termine per la tua cantina »
6.4 Content Audit e piano editoriale »
6.6 Analizzare le metriche di efficacia dei contenuti »
7. Il social media marketing nel settore del vino: strategia e metodo »
8. Email marketing per un’azienda vitivinicola »
8.1 Impostare una strategia di email marketing per la tua azienda »
8.2 Email marketing del vino: le condizioni per impostarlo al meglio »
1. Il marketing del vino e delle aziende vitivinicole
In Italia, il vino e il marketing condividono da sempre una storia di amore e odio.
Nel nostro paese, il vino rappresenta i colori di un territorio, i suoi abitanti, le sue tradizioni e tutte le varietà che accogliamo.
C’è un solo grande problema in Italia per quanto riguarda il vino, ed è il prezzo.
Molti produttori credono che la cosa più importante sia produrre il vino, e che poi gran parte del lavoro sia fatta e che a venderlo ci vuole poco. Non è affatto così: il prezzo lo fa il mercato. La qualità del vino e il suo vero valore, non è ciò che davvero ne definisce il prezzo.
Quello che conta molto nel vino è la percezione che se ne ha, e purtroppo questo rimane un grande problema per i vini italiani.
In generale c’è spesso una idea poco chiara di valore, e quindi l’unica leva commerciale rimane il prezzo: il concetto è quello di “questo costa tanto e quindi deve essere di valore”.
Questa è una delle scorciatoie mentali di cui parla anche Robert Cialdini nel suo libro “Le armi della persuasione”, ad un prezzo alto è facile associare un alto valore.
Tutto questo si vede facilmente semplicemente pensando a bottiglie di pregio scelte anche da chi non se ne intende di vino o dalla scelta di Champagne super inflazionati in alcune discoteche.
Banalità? Sì forse, ma è la pura e semplice realtà del consumatore medio.
La dimostrazione che si tratti di un problema riguardante il vino italiano viene proprio dai dati dell’export italiano paragonati a quelli francesi (dati non recenti ma MOLTO rappresentativi): i nostri volumi di vendita sono spesso più alti, cosa di cui molti tendono a vantarsi (vi ricordate i titoloni dei giornali di settore a vantare il numero più alto di bottiglie italiane prodotte rispetto alla Francia?), i prezzi invece sono di gran lunga più bassi, anche per prodotti la cui qualità (concetto di qualità oggettivo basato sulla valutazione e sulla degustazione professionale) supererebbe alcune bottiglie francesi, che invece mostrano prezzi spropositati. Ma la percezione comune è che per il vino francese si possa spendere un po’ di più, se lo merita.
I distributori e gli export manager italiani affermano che negli USA il vino italiano è percepito molto positivamente, genuino, con un ottimo rapporto qualità/prezzo, mentre quello francese è considerato pregiato: la singola parola “cru” riesce a creare un posizionamento elevato nella mente di chi sta acquistando una bottiglia di vino. Non è poi detto che questo valore percepito trovi realizzazione nella realtà, ma l’immaginario collettivo rimane quello di una qualità di alto livello.
Secondo l’Istituto grandi marchi italiano, l’Italia dovrebbe puntare di più sulle etichette di valore per valorizzare le eccellenze ed innalzare il posizionamento dei nostri vini, da “genuini e buoni” a “premium”. Vi sono poi diversi pareri tra gli importatori stranieri, ma è invece ormai certo che per via degli innumerevoli cambiamenti nei modelli di consumo, è sempre più difficile generare fedeltà verso un brand.
Quindi, non puntare sul premium potrebbe farci rischiare di rimanere sempre, a livello di percezione, un paese il cui vino è buono, a basso costo, mentre gli altri paesi, anche quelli meno comuni e meno legati tradizionalmente all’ambito vitivinicolo, fanno salire di prezzo e valore i propri prodotti, anche se la qualità (oggettiva) può non rispecchiare davvero i loro prezzi.
È importante guidare il consumatore alla scelta di consumo per fidelizzarlo ed è necessario anche imparare a valorizzare i nostri prodotti lavorando con il marketing: lavorando quindi sul marchio, sul design, sul senso estetico, ma, soprattutto, sulle semplici informazioni di prodotto.
Le apparenze contano.
Si crea una percezione di valore del prodotto: per esempio, per i vini francesi vale molto la parola “cru”. Una sola parola riesce ad essere simbolo di valore e di maggiore qualità.
È sempre vero? Non è detto.
Sarebbe stato lo stesso con un Brunello o un Barolo?
Neanche la gran parte dei consumatori italiani conosce la diversità di alcune zone italiane, come La Morra o Bussia per il Barolo, ma allora come possiamo spiegarle all’estero?
Eppure anche queste due zone sono cru. Ma se un consumatore non conosce queste differenze e non riconosce il valore aggiunto delle due zone vitivinicole, quando si trova davanti a queste 2 bottiglie, quale sceglierà?
A seconda dei casi sceglierà quella più o meno costosa, ma il punto è che è altamente probabile che la scelta non si baserà sul nome del cru (La Morra o Bussia).
Perché tanto, Barolo è uguale, non c’è differenza.
E se questo succede per aree famose, figuriamoci per aree meno conosciute: è una gara al ribasso, quando si parla della maggior parte dei vini italiani.
Ogni azienda dovrebbe lavorare di più sulla valorizzazione della propria realtà per il proprio territorio, adottando politiche di marketing più specializzate e strutturate. Un marketing della qualità, digitale, che fa sì che l’utente abbia maturato la sua decisione di acquisto ancor prima di essere entrato al ristorante, in enoteca, al supermercato.
Non è fantascienza, è alla base dell’inbound marketing applicato al settore vitivinicolo.
2. I principi della metodologia inbound nel vino
L’inbound marketing è un processo di marketing che ha come obiettivo l’attrazione di potenziali clienti e la conversione di essi in clienti fidelizzati. Tutto questo avviene attraverso la redazione di contenuti (articoli, podcast, e-book, video) e l’utilizzo di canali, strumenti e metodologie di marketing digitale.
Lo scopo dell’inbound marketing è quello di andare a prendersi l’utente ideale (buyer persona) dove si informa prima di maturare la scelta d’acquisto. Ed è proprio lì dove dovrebbe trovarsi l’azienda, nel posto giusto al momento giusto, di fronte alla persona giusta.
Alla base dell’inbound marketing c’è la logica di marketing del “pull” (tirare) ossia di attrarre il potenziale cliente, per creare un rapporto di fiducia che pone le basi della vendita e della fidelizzazione. Questa logica si contrappone a quella “push” (spingere).
Si vuole attrarre l’utente, non torturarlo per concludere a tutti i costi una vendita.
L’altra differenza fra i due è che l’outbound marketing (push) spara nel mucchio, mentre l’inbound mira ad attirare solo chi mostra interesse.
Per comprendere lo sviluppo di una strategia di inbound marketing per il vino, bisogna tenere a mente tre elementi: il Buyer’s Journey, il Customer’s Journey e il Funnel di conversione. Ognuno di questi elementi permette di analizzare i flussi delle azioni svolte dagli utenti nel passare a clienti e poi promotori.
Buyer’s Journey: durante il Buyer’s Journey, detto anche viaggio dell’acquirente, l’utente prende coscienza di una necessità o di un problema e valuta e sceglie la soluzione ideale. È un processo diviso in tre fasi: Awareness, Consideration e Decision. Durante l’Awareness l’utente comprende quale sia la sua necessità, durante la Consideration valuta le diverse soluzioni e nella Decision decide a chi rivolgersi per il suo bisogno.
Customer’s Journey: detto anche viaggio del cliente, è un processo di quattro fasi. Il cliente, prima estraneo all’impresa, nel suo percorso deve auspicabilmente arrivare ad essere un promoter, ossia un cliente fidelizzato (che farà pubblicità lui stesso per l’azienda).
Le 4 fasi sono Attract, Convert, Close, Delight.
Nella fase Attract, l’obiettivo è quello di attirare gli utenti verso il nostro sito web, utilizzando un blog, i social media e le giuste parole chiave, per trasformare poi quest’utente da estraneo a visitatore.
La fase Convert mira a trasformare il visitatore in un lead , che non è altro che un utente che decide di lasciarci i propri dati sul nostro sito web attraverso un processo che prevede l’utilizzo di Call to Action (un link o un bottone che vuole portare l’utente a svolgere un’azione), di Landing Page (una pagina di atterraggio sui si trova un form), di Form (un modulo da compilare) e di una Thank you Page (una pagina dove ringraziare l’utente per aver lasciato i dati e dove si consegna l’offerta promessa - un ebook, un’infografica o un qualsiasi prodotto informativo digitale)
Ecco il processo completo:
La call to action serve a portare l’utente su una pagina, la landing page, dove l’utente compilerà un form per lasciare i dati in modo da trasformarsi in contatto e verrà reindirizzato su una thankyou page dove gli verrà consegnata l’offerta promessa o si indicherà come dovrà avvenire il suo ricevimento.
Infine si arriva alla complessa fase Close, dove si stimola la conversione del lead in customer, quindi da semplice contatto a cliente vero e proprio.
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In questa fase è importante un saggio utilizzo delle email e del CRM come software di gestione della comunicazione con gli utenti: bisogna rispettare i suoi dati e non assillarlo con una comunicazione continua, ma sempre nel rispetto del rapporto tra il contesto in cui l’utente si sta muovendo e le informazioni che gli invieremo.
L’email marketing è lo strumento migliore in questa fase, e a questo punto se il marketing avrà fatto bene il suo lavoro, il lead sarà diventato un cliente.
Per ultima la fase Delight, spesso data per scontata, prevede di non farlo scappare e di continuare a nutrirlo per fidelizzarlo: per questa fase si può sempre contare sulle email e sulle community online (i gruppi su Facebook ad esempio) come strumenti e canali, ma la differenza la fa proprio la comunicazione.
La fase di Delight è molto importante nel settore vitivinicolo, perché non è facile fidelizzare le persone verso un vino e l’azienda che lo produce. Se guardiamo ai dati sui famosi Millennials e le loro abitudini di consumo di vino e la perdita di fedeltà ai marchi, capiamo che la gestione dei contatti in ottica di fidelizzazione (lead management) può essere uno dei fattori decisivi per la crescita di profitto di una azienda vitivinicola.
Il Funnel di conversione, detto anche funnel di marketing, non è altro che un imbuto.
Rappresenta il flusso di utenti che entrano come visitatori, diventano clienti ed escono come clienti fidelizzati (o promotori) alla fine del processo. Non esiste un funnel universale, ce ne sono diversi e personalizzati a seconda della disciplina di marketing, a seconda della tipologia di azienda e, come dimostrato da Google, anche a seconda della tipologia di cliente.
Per esempio, un’azienda vitivinicola che vuole adottare questo modello, non è detto che deva basarsi precisamente sulla versione appena mostrata. Alcuni processi, come quelli di generazione dei contatti (lead generation) e di qualificazione di tali contatti alla vendita (Marketing Qualified Lead), potrebbero essere uniti in una sola fase.
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Spesso in cantina si hanno risorse umane minime per il marketing, ma tutta la logica dell'Inbound Marketing funziona solo se i tre elementi di Buyer’s Journey, Customer Journey e Funnel di conversione vengono integrati tra loro e nella struttura aziendale.
Integrare i 3 modelli permetterebbe di avere una prospettiva a 360° dell’attività di marketing e vendita del vino.
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3. Il Sito Web e la SEO nel settore del vino
Affrontiamo le prime fasi dell’applicazione del marketing digitale metodologia inbound ad una azienda vitivinicola: parliamo del sito web e della SEO.
Partiamo dal presupposto che il sito web non è più soltanto una vetrina, ma è ciò da cui parte tutta la strategia di marketing. È il presidio più importante al quale collegare tutti gli altri canali, e dal quale deve partire la strategia di marketing digitale dell’azienda.
SEO: l’acronimo sta per Search Engine Optimization e si riferisce alle pratiche di miglioramento della posizione (indicizzazione) sui motori di ricerca. Per una strategia efficace bisogna concentrarsi su due ambiti di ottimizzazione: on-page e off-page (sulla pagina e fuori dalla pagina).
3.1 Ottimizzazione on-page (sulla pagina)
Le ottimizzazioni on-page sono quelle attività di SEO dedicate alle pagine del nostro sito, che possono influenzare l’indicizzazione dei contenuti sui motori di ricerca. Per contenuti intendiamo ciò che inserirai sul sito web, specialmente sul blog aziendale.
L’ottimizzazione è divisa in quattro fasi:
ricerca delle parole chiave
creazione di un contenuto attorno alla parola chiave
ottimizzazione del contenuto sulla parola chiave
responsività
La ricerca sulle parole chiave dipende da tre elementi:
la tua azienda e la sua personalità
il tuo mercato
il tuo potenziale cliente ideale (buyer persona)
Poniti questa domanda: per cosa voglio che sia conosciuta la mia azienda?
La Buyer Persona è una figura che identifica le caratteristiche del tuo cliente ideale e ogni azienda può averne più di una a seconda dei prodotti. La ricerca sulla buyer persona va fatta basandosi sull’impresa e i suoi prodotti e non è un processo da svolgere una volta sola, ma è necessario raffinare costantemente le informazioni sul nostro pubblico.
Ci sono molti strumenti online utili per questi processi, come Facebook Audience Insights » e Make My Persona », Answer the public », oltre che i più classici questionari di Google Forms, di Typeform e SurveyMonkey.
Per capire chi sia effettivamente il tuo cliente ideale, dovrai creare un questionario dove raccogliere tutte le domande utili ad eviscerare esigenze e problematiche dei tuoi potenziali clienti.
Il questionario dovrà essere distribuito on e/o offline per essere compilato da quante più utenti a target possibili. Per distribuirlo online puoi pensare ai tanti gruppi di amanti del vino (sommelier, sommelier: appunti di degustazione). Per distribuirlo offline, puoi pensare di darlo ad amici e conoscenti per farlo a loro volta distribuire.
In questa fase quante più informazioni ottieni, tanto più hai riferimenti dai quali partire.
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Una volta raccolti i questionari (fai in modo che siano almeno una ventina), aggregati i dati e costruito il profilo delle tue buyer persona, si può procedere a strutturare la strategia SEO.
A questo punto è necessario estrarre delle parole chiave e, soprattutto, dei temi principali sui quali basare la propria strategia di indicizzazione sui motori di ricerca (SEO - Search Engine Optimization).
Per ricercare le parole chiave e soprattutto i temi principali, è buona pratica porsi e porre delle domande riferite alla buyer persona e tipiche del tuo mercato di riferimento, identificare parole differenti che celano lo stesso intento di ricerca e cercare migliori opportunità di posizionamento.
Organizza le parole chiave seguendo il buyer’s journey (awareness, consideration, decision), cercando di portare il cliente da una tematica ampia, alla scelta del tuo prodotto: per esempio puoi iniziare con parole chiave più generiche che rispondono al bisogno generale (“abbinamento cibo-vino”) per poi andare sempre più nel dettaglio (“come abbinare correttamente un vino al pesce”) e portarli al tuo prodotto (“ ‘nome del tuo vino’ abbinato a un rombo al forno”).
Mentre cerchi di identificare le migliori opportunità di posizionamento, tieni bene a mente come funziona la struttura della parola chiave, perché in base a quelle che selezionerai Google valuterà se meriti i primi posti o meno.
La cosa migliore è che le parole chiave da utilizzare siano lunghe (“long tail keyword” a coda lunga), ossia che presentino più vocaboli e celino un intento di ricerca più specifico. Per esempio: “vino rosso fermo” è una parola chiave a coda corta, mentre “vino rosso fermo barricato dei colli piacentini” è una parola chiave a coda lunga.
Molti siti avranno al loro interno parole chiave corte come “vino rosso fermo”, mentre sarà certamente meno utilizzata la seconda, inoltre una ricerca generica è certamente più difficile da intercettare, mentre una parola chiave a coda lunga spesso garantisce meno concorrenza sui motori di ricerca.
Il concetto alla base è: intercettare utenti che sicuramente hanno interesse per il nostro vino, azienda, territorio.
Se una parola chiave vede pochi utilizzi, sarà sicuramente più facile risultare tra i primi risultati, naturalmente dando per scontato che questa sia coerente con la proposta della tua azienda e se garantisce un certo traffico di utenti. Essere al primo posto per una parola chiave lunga cercata da nessuno è inutile!
È un’ottima cosa quella di utilizzare parole chiave diverse che celano però lo stesso intento di ricerca. All’interno dell’articolo è importante non utilizzare sempre la stessa parola chiave. Da tempo Google sta migliorando la sua capacità di saper leggere la semantica e i vari significati delle parole interconnesse.
Semplificando molto: se non troppi anni fa avessi cercato “cantina dei colli pesaresi" probabilmente avresti trovato solo quei siti che all’interno del loro sito web avevano inserito quelle esatte parole. Oggi inserendo la stessa stringa di ricerca troveresti anche aziende che all’interno delle loro pagine web hanno parole come azienda vitivinicola Urbino, cantina della provincia di Pesaro Urbino e, a maggior dimostrazione della comprensione che ha Google delle nostre parole, troveresti anche i nomi delle cantine della zona che hai indicato.
Prima che Google sapesse leggere in maniera più complessa le relazioni tra parole e il sottinteso intento di ricerca si riempiva il contenuto con la stessa parola chiave (il famoso keyword stuffing), così da risultare ai primi posti nelle pagine di risultato (le SERP), ma oggi non si può più fare (per fortuna!) e se Google vede che non si stanno rispettando le sue regole, ti penalizza.
Una volta creato il contenuto attorno a questa parola chiave per la quale intendi indicizzarti, è importante testare come il motore di ricerca lo legge. Questo test va ripetuto spesso, perché all’interno dei fattori di indicizzazione c’è anche il numero di click che quel contenuto ha generato. Se quindi il vostro contenuto viene letto e condiviso più volte, Google lo classifica meglio perché lo ritiene autorevole.
Per essere certi di come Google legge i contenuti del nostro sito web carica la mappa del sito su Google Search Console e tieni periodicamente monitorati i dati (meglio se fatto una volta al mese).
Sei un’azienda vitivinicola smart ma non sai come leggere i dati su Google Search Console?
Google impiega del tempo per indicizzare correttamente un contenuto: tale periodo può variare da 4 giorni fino ad addirittura 6 mesi. Con la navigazione in incognito sul vostro browser di navigazione puoi simulare la ricerca da un altro dispositivo per vedere come procede l’indicizzazione, dato che il motore di ricerca tiene conto delle tue abitudini.
Per simulare una ricerca proveniente dall’estero, da un’altra città e/o da un dispositivo differente puoi utilizzare I Search From. Molto utile in fase di sperimentazione e di analisi.
Per ottimizzare un contenuto, la parola chiave va inserita:
nel titolo del contenuto
nei titoli dei paragrafi (heading)
nell’URL della pagina dedicata
nel testo
nell’Alt-text delle immagini
nella meta-description
Inoltre, è utile inserire link interni ed esterni. I primi devono rimandare a contenuti interni al proprio sito (altri articoli, pagine prodotto ecc.). I secondi devono rimandare ad altri siti web e/o articoli coerenti e rilevanti rispetto alla tematica trattata.
L’alt-text è il testo sottostante ad una immagine (permette ai motori di ricerca, che non riconoscono le immagini, di leggerne il contenuto) mentre la meta-description è il testo che dai risultati di Google compare sotto il titolo e che presenta il contenuto della pagina.
Non è finita qui: Google sta valorizzando sempre di più le tematiche legate ai contenuti piuttosto che soltanto le parole chiave. Si presenta il concetto di Topic Cluster, dove le Pillar Page svolgono un ruolo importantissimo: in queste pagine “a pilastro” si raccolgono infatti i contenuti che trattano una stessa tematica, permettendo di valorizzare ancor più l’autorevolezza di un sito webper quanto riguarda la SEO.
Un altro elemento importantissimo in ottica SEO è la responsività, per una buona esperienza di navigazione. Questo assume ancora più importanza in un mercato poco aggiornato come quello del vino. Un sito definito ‘responsive’ è un sito web veloce e facilmente adattabile sia da desktop che da smartphone o tablet: la visione di un sito cambia da desktop o da mobile e la responsività viene considerata uno dei primi fattori per l’indicizzazione dei contenuti sui motori di ricerca.
3.2 Ottimizzazioni off-page - ottimizzazioni fuori dalla pagina
L’off-page optimization comprende le azioni che si svolgono fuori dal proprio sito web per portare miglioramenti all’indicizzazione del proprio sito, come la promozione dei contenuti su altri canali e l’ottenimento di backlink, ossia link che rimandano al nostro sito.
È molto importante la distribuzione dei contenuti su altri canali, come i social media. La ricondivisione di questi contenuti da parte di utenti social, come già detto prima, è un fattore molto positivo per Google.
Invece la pratica di ottenimento di link verso la nostra piattaforma si chiama Link Building, perché si vanno a creare delle vere e proprie relazioni fra piattaforme, che con il tempo generano autorevolezza per i motori di ricerca.
L’obiettivo è far sì che i siti più autorevoli del settore vitivinicolo rimandino ad una pagina del tuo sito web e non è una operazione facile. Chi ora dispone di autorevolezza sui motori di ricerca non inserisce così facilmente i tuoi link soltanto per farti un favore.
Nel caso di link building per una azienda di vino, bisognerebbe ottenere backlink (chiamati anche inbound link) da piattaforme del mercato del vino con forte autorevolezza, come blog sul food&wine o testate giornalistiche sull’enogastronomia. Inserire link di siti palesemente poco ottimizzati (non responsivi, con probabile traffico esiguo ecc.) potrebbe invece danneggiare il vostro posizionamento sui motori di ricerca, quindi: ATTENZIONE AI SITI CHE SCEGLI.
Alcuni modi per ottenere backlink verso il proprio sito web sono i seguenti: commentare contenuti, inserendo il link ad una vostra pagina con un contenuto. L’importante è che questo commento sia scritto con un linguaggio naturale (quindi non promozionale) e che il link sia coerente con l’articolo e con il commento stesso.
Un’alternativa al commento può essere la richiesta da parte vostra di scrivere un articolo per un blog (guest post), o di farvelo scrivere. Questa alternativa può rappresentare un’opportunità di aumentare la tua autorevolezza sui motori di ricerca.
In questo caso devi contattare un blog che tratta tematiche inerenti a quelle del settore della tua azienda: se parliamo di vino, non è necessario contattare per forza un wine blogger, ma anche i blog di turismo per esempio sono un’ottima proposta per sviluppare un content marketing che crei autorevolezza per la tua azienda.
Come ulteriore scelta, potresti anche acquistare l’inserimento di un vostro link su un altro sito/blog: in questo caso dovrete pagare una cifra che verrà stabilita da chi inserirebbe il link. Esiste un vero e proprio mercato di link building, con compravendita di spazi su siti e piattaforme web, e per giustificare i costi naturalmente si portano i dati sul traffico utenti e la valutazione di autorevolezza (di solito è un punteggio che va da 1 a 100).
Se vuoi approfondire questo tema, dai un’occhiata ai contenuti di Moz.
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4. Il blog sul vino per un’impresa vitivinicola
Quando si parla di blogging, e di business blogging in particolare, ci riferiamo allo sviluppo e alla pubblicazione di contenuti (articoli, video, guide ecc.) con lo scopo di promuovere la propria azienda e ottenere vantaggi economici.
Seguendo questa versione del customer journey, il blog è sia nella fase di Attract che nella fase Convert.
Le due fasi includono attività volte all’attrazione dell’utente dai canali web al nostro sito (fase Attract) e alla sua conversione da utente a contatto, o lead, (fase Convert) con il rilascio dei suoi dati (soprattutto nome ed e-mail).
Abbiamo cinque elementi fondamentali da considerare per la creazione di un blog:
Argomento e titolo
Formato ed ottimizzazione
Promozione di offerte sul blog
Promozione del blog
Analisi delle prestazioni del blog.
1. Argomento e titolo: devono essere correlati sia alle parole chiave che hai scelto, sia al tuo settore in generale.
Molti fanno l’errore di parlare solo della loro azienda, di quanto sia migliore il prodotto/azienda/metodo rispetto a quello di altri. Parla piuttosto del tuo mondo, della tua azienda, dei tuoi vigneti e della bellezza del mondo del vino in generale. È importante che fin da subito l’utente capisca di cosa si andrà a parlare.
Cerca anche di mantenere il titolo in una lunghezza compresa tra i 50 e i 70 caratteri, per evitare che la SERP (la pagina di risultato di Google) tagli il titolo (noi non siamo tanto bravi in questo 😂).
2. Formato e ottimizzazione: i contenuti che andrai a scrivere devono essere il più possibile ricchi di valore e non pesanti da leggere (nel limite del possibile).
Per alleggerire il peso di un articolo, di seguito alcune buone pratiche:
non giustificare il testo
poni uno spazio bianco ogni 250/350 caratteri
utilizza elenchi puntati e numerati per dare una struttura
utilizza grassetto e corsivo per dare diversa rilevanza ad alcune parti di testo, ma NON usare il sottolineato perché può creare confusione con i link.
inserisci immagini per spezzare il testo.
3. Promozione di offerte sul blog: i contenuti sul blog attirano utenti sul sito, ma è qualcos’altro che spesso li porta ad avvicinarsi alla vostra azienda, ossia offerte di contenuto non accessibili subito ma soltanto attraverso la cessione di dati di contatto da parte dell’utente. Questo processo si chiama Lead Generation.
La presenza di una call to action, CTA (un bottone cliccabile o un link), indicherà all’utente la possibilità di scaricare un contenuto nascosto (che potrà essere un catalogo, un ebook o simili) o di contattare l’azienda direttamente per avere maggiori informazioni. Ci sono vari tipi di CTA, dal semplice link al bottone, e il posizionamento di esse in diverse parti della pagine vi può aiutare ad avere maggiori opportunità di nuovi lead.
Call to action in forma di bottone.
Call to action in forma di link testuale.
Nel settore vitinicolo, ottime offerte di contenuto da proporre sono per esempio delle infografiche sull’andamento delle ultime annate, una piccola guida sull’importanza della potatura o un ebook sull’abbinamento cibo-vino.
Promozione del blog: è importante far arrivare con facilità gli utenti ai contenuti che proponiamo sul nostro sito web e quindi bisogna promuovere il blog e i suoi contenuti:
Ponete il blog tra le prime pagine in ordine sul menu di navigazione del sito, mettete in evidenza gli ultimi articoli sulla home page, mettete i tasti di social share (i bottoni di condivisione sui social media) sulle pagine del blog e distribuite tutti i contenuti del blog via e-mail!
Analisi delle prestazioni: è importante analizzare il numero di visualizzazione dei contenuti e degli utenti portati al sito web tramite i contenuti del blog. Potete accedere a queste metriche tramite Google Analytics, su cui potrete anche vedere quali sono le pagine più visualizzate sul vostro sito web.
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Non c’è problema, puoi scaricarla e consultarla con calma…
5. La generazione di lead (contatti) per una casa vinicola
La lead generation (ovvero il processo che si deve mettere in pratica per ottenere di dati di contatto di un potenziale cliente) è il punto di partenza per il rapporto che deve crearsi tra azienda e utente. Le conversioni partono da un contenuto informativo e da una call to action.
La conversione avviene in tre fasi:
CTA → Landing Page → Thank you page
Diamo insieme un’occhiata ai passaggi e cosa è importante per una azienda vitivinicola che vuole trovare nuovi clienti con il digitale.
5.1 Call to Action - CTA
La call to action perfetta deve essere:
Orientata all’azione (action-oriented): l’utente deve capire cosa farà quando cliccherà sul bottone. Una delle regole di una ottima User Experience (UX) è “don’t make me think” (non farmi pensare) per dire che la comprensione del messaggio deve essere istantanea, evitando che l’utente si impegni troppo per coglierne lo scopo.
Attraente: deve avere un aspetto gradevole, coerente con i colori e l’immagine aziendale, e con un copy (testo) che faccia leva sulle emozioni dell’utente: il cosiddetto microcopy. Prova ad inserire un testo più articolato e originale dei semplici “scarica ora” o “iscriviti ora”. Un esempio?
La qualità dei contenuti ha assunto sempre più importanza nel tempo, ed è bene tenere a mente che essi non devono per forza farti arrivare a tutti gli utenti del mercato, ma soprattutto all’inizio, a quelli con un potenziale interesse naturale per il tuo settore e per i tuoi prodotti.
Bisogna associare un registro lessicale ed un tono al prodotto di cui parliamo: nel vino, per esempio, in base al posizionamento in questione del prodotto, si applicano toni più caldi o più freddi, per richiamare convivialità, calore e famiglia in alcuni casi, e prestigio, fascino ed eleganza in altri. Se a questo aggiungiamo delle normative sulla privacy sempre più stringenti, notiamo bene come le parole facciano la differenza.
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In questa guida troverai indicazioni su metodo, strumenti e canali per sviluppare un’efficace strategia di marketing.
Strumenti gratuiti o a basso costo
Metodologia chiara
Tattiche e canali giusti
Cosa aspetti? 👇
Oltre ad essere orientata all’azione ed attraente, una CTA deve anche essere posizionata adeguatamente sulla pagina.
Tre classiche collocazioni delle CTA sono:
In fondo ad un articolo (ci deve naturalmente essere correlazione tra le due)
All’inizio o in mezzo ad un contenuto (per raggiungere chi magari non legge l’intero contenuto)
Sulle barre laterali (dove gli utenti possono vedere sempre le offerte di contenuto).
Idealmente sarebbe il massimo se testassi l’efficacia di queste CTA cambiando un elemento ogni tanto (come colore o testo) per osservare gli effetti delle modifiche attraverso alcuni test. Per farlo potresti utilizzare Google Tag Manager e applicare dei tag (etichette) sui bottoni da testare, valutando all’interno di Google Analytics il tasso di click dei bottoni sotto esame.
Valuta elementi come il colore, il copy della CTA e la sua posizione sulla pagina.
5.2 Landing Page
La landing page è il luogo in cui l’utente lascia i suoi dati per scaricare il contenuto che gli offri. Qui vengono raccolti i dati, si propone un’offerta e si costruisce una relazione con gli utenti, quindi più landing page ci sono sul tuo sito e più possibilità c’è per te di acquisire contatti (lead).
5.3 Il tasso di conversione
Le landing page hanno il loro tasso di conversione (conversion rate) che indica la percentuale di utenti che hanno scaricato il contenuto, rispetto alle volte in cui è stata visitata la pagina.
Per aumentare questo tasso, bisogna sicuramente fornire la miglior esperienza di navigazione possibile, facendo test e seguendo pratiche che non possiamo considerare banali e scontate, soprattutto in Italia e nei settori dell’agroalimentare e del vino.
Dopo aver sviluppato la landing page sul nostro sito web o su piattaforme come Unbounce, la prima cosa da fare è il blink test. Bisogna far visualizzare la vostra landing page ad un collega che non ha mai seguito lo sviluppo di una landing page e se in meno di 10 secondi riesce a capire di che cosa tratta e cosa intende promuovere la nostra pagina, allora vuol dire che abbiamo lavorato bene con la comunicazione.
Dopodiché dovrai assicurati che nella landing page ci siano un titolo chiaro e conciso, una spiegazione chiara dell’offerta e soprattutto la rimozione della barra di navigazione (per evitare che l’utente venga distratto da altri collegamenti sul sito ed esca dalla tua landing page). Di solito più valore c’è nell’offerta e più lungo è il form. Ricorda anche di inserire le icone per la condivisione sui social media (social sharing).
Se vuoi vedere un esempio di landing page ottimizzata, guarda questo caso studio.
5.3 Thank you page
La thank you page è la pagina dove l’utente viene ringraziato per aver scaricato l’offerta e per aver lasciato i propri dati di contatto. Le tre buone pratiche per la vostra thank you page sono le seguenti: consegnare l’offerta promessa (o creare l’aspettativa per la consegna. Ad esempio: “Ti abbiamo inviato l’ebook al tuo indirizzo email”), muovi gli utenti sul sito web (offrendo evenutuali altri contenuti scaricabili) e includi le icone per il social sharing.
Nel complesso, mi raccomando, fai sempre attenzione alla qualità del contenuto, che non può davvero mai mancare. Non mi riferisco soltanto alla qualità dell’ebook/guida/infografica che devono scaricare gli utenti, ma anche a come lo presenti. Per un mercato così ricco come quello del vino, ci sono davvero molte informazioni da veicolare e su cui porre le basi della propria differenziazione aziendale.
6. Il content marketing del vino: come valorizzarlo con metodo
Come già detto più in alto, i contenuti (le informazioni in genere) sono ormai la parte più importante di tutto il marketing di prodotto, farne a meno significa svalutare tutto il lavoro fatto in cantina e ancor prima, in vigna.
Tutto quello di cui abbiamo parlato finora, con le metodologie volte alla conversione dell’utente e alla sua fidelizzazione, nascono dal content marketing, dai contenuti. Infatti devono essere proprio questi a comunicare e amplificare il valore, spesso inespresso, del lavoro delle aziende.
Storytelling: il ruolo del famoso storytelling non è quello di raccontare frottole e indorare la pillola. È quello di illustrare gli eventi da un punto di vista diverso del semplice rapporto dei fatti. La storia della tua azienda, per esempio, è l’esempio tipico di valori e passione, che si adatta perfettamente al modello dello storytelling: la nostra memoria tende a ricordare più le emozioni che i dati.
6.1 Il Golden Circle e i modelli dello Storytelling
Partendo proprio dalla storia della tua cantina, devi prendere in considerazione questo modello. È il Golden Circle di Simon Sinek: il cerchio di Sinek ha all’interno altri due cerchi concentrici e tutto il modello insieme rappresenta tre dimensioni che danno una direzione precisa alle informazioni.
Quello che afferma Sinek è l’importanza di partire dal Perché (Why) e poi passare al Come (How) e Cosa (What). Il perché spiega le ragioni per cui svolgi il tuo lavoro, il come illustra le modalità in cui lo svolgi e il cosa spiega esattamente cosa svolgi. Sinek afferma che si deve partire dal Perché, perché le persone non comprano cosa fai ma il perché lo fai: “People don’t buy what you do; they buy why you do it”
Questo modello ci offre una prospettiva che si adatta perfettamente alla realtà vitivinicola italiana: aziende spesso familiari con un forte legame con il territorio, piene di fascino e tradizione. Per raccogliere idee sulla tua attività, inizia a porti domande come:
Cosa ti spinge ad alzarti ogni mattina e lavorare in vigna/cantina/ufficio?
Quali sono i tuoi valori di produzione?
Cosa provi per il territorio su cui lavori?
Il triangolo di Aristotele e la piramide di Freytag
Tra i modelli più concreti per applicare lo storytelling in azienda troviamo il triangolo di Aristotele e la sua versione più moderna con la piramide di Freytag. Il concetto alla base di questi due modelli vede una situazione di base sulla quale vanno a susseguirsi eventi che creano distorsioni nella linea, provocando un picco massimo a rappresentanza degli incidenti e delle azioni all’interno della storia.
Raccontare una storia non significa inventarsi qualcosa.
Raccontare una storia significa veicolare un messaggio.
Per farlo ci sono regole precise.
Se vuoi scoprirle…
Nel mondo del vino, questi due modelli trovano un’ottima efficacia, per via della natura sensoriale ed edonistica di questo universo che parte dalla terra e finisce in un bicchiere.
Pensiero lento e pensiero rapido
Come ulteriore modello per formulare una storia efficace per la nostra azienda, vediamo questo schema proposto dallo psicologo ed economista Daniel Khaneman.
Il modello immagina che il nostro pensiero e le nostre decisioni vengono influenzate dall’agire di due sistemi:
Il sistema 1, definito rapido, che comprende le azioni svolte senza una particolare attività razionale, come ridere, commuoversi ecc. Quelle attività spontanee dettate dall’inconscio e dalle emozioni.
Il sistema 2, definito lento, che invece si attiva attraverso l’azione volontaria, guidata dalla parte razionale del nostro pensiero. Questo definisce come noi agiamo quando prendiamo decisioni.
Questa metafora del nostro pensiero ci fa capire come agire per attirare l’attenzione dell’utente: l’emozione è la leva per ottenerla. Una volta ottenuta quella, puoi puntare a dati, fatti e proposte!
Può essere molto utile alternare sistema 1 e sistema 2 nel tuo racconto, con un rapporto di 80/20, dove l’80% sono contenuti emozionali e il restante 20% è composto da contenuti volti alla chiusura di una vendita.
6.2 Come generare idee di contenuto
Un processo di generazione delle idee di contenuto ti può aiutare a raccogliere in maniera più rapida delle idee. Tutti prima o poi abbiamo il cosiddetto “blocco dello scrittore” ed avere un processo a fasi può essere davvero molto utile.
Questa tecnica per generare nuove idee di contenuto è di James Webb Young e si basa sulla definizione di idea data dal pubblicitario: una nuova combinazione di elementi più vecchi. In breve il processo è questo:
La raccolta di nuovo materiale
La digestione del materiale
L’elaborazione inconscia
Il risultato: momento Eureka.
Nel settore del vino è opportuno che la figura preposta conosca l’ambito di lavoro e il suo mercato. La cosa più importante per questa figura è che sia curiosa, oltre alle competenze per interpretare in maniera corretta le informazioni e i dati.
Come applicare questa tecnica alla tua buyer persona?
Cerca di allinearti con gli interessi della tua buyer persona. Poniti domande come:
Quali sono le sue letture? Quali blog frequenta?
Nel caso del settore vitivinicolo, potresti intanto chiederti se la tua buyer persona si informa online o su riviste dedicate al settore, e se tra le sue ricerche c’è un bisogno di conoscere un abbinamento o semplicemente la curiosità di scoprire nuovi vini e territori.
Per fare queste ricerche, puoi utilizzare 2 strumenti: Audience Insights di Facebook (all’interno del Business Manager) per vedere quali sono le pagine più visitate dal tuo potenziale target, e Buzzsumo per sapere quali sono gli articoli sul web che hanno generato più condivisioni.
Se proprio non sai come procedere, puoi anche utilizzare Quora, che è un social network dove gli utenti espongono e rispondono a domande sui più svariati temi, o anche Answer the Public e Ubersuggest (due motori di ricerca che raccolgono domande e richieste relative ad una specifica ricerca).
6.3 Sviluppare un piano editoriale a lungo termine per la tua cantina
Perché strutturare un piano di lungo termine? La risposta è: per la coerenza nel lungo periodo di tutte le attività aziendali, coordinate alle attività digitali.
Per sviluppare un piano di lungo termine è importante tenere a mente tutti i concetti principali del marketing e della metodologia inbound: customer journey, buyer’s journey e funnel di conversione.
Il passaggio successivo prevede la selezione di obiettivi SMART (Specific, Measurable, Attainable, Relevant, Timely): ossia obiettivi che dimostrano di soddisfare requisiti di rilevanza rispetto agli obiettivi aziendali, e che siano raggiungibili e con una scadenza.
Un esempio di obiettivo SMART per il content marketing è: “incrementare il numero di visitatori al sito web del 200% entro giugno 2019”. È un obiettivo specifico perché si parla di visitatori e non di lead, è misurabile perché si parla del 200% ed è rilevante perché parla di obiettivi importanti con una scadenza.
6.4 Content Audit (e piano editoriale)
Dopo aver deciso gli obiettivi, bisogna svolgere quello che si chiama “content audit”, ossia valutare le tue attuali risorse a disposizione. È utile per aiutarti ad identificare quali sono le potenzialità ed opportunità da sfruttare per la strategia di contenuto ed è utile sia alle aziende che hanno già avviato un’attività di content marketing, che a quelle che ancora sono agli inizi.
Se non avete ancora contenuti, dovete estrarre quante più informazioni possibili già in possesso dell’azienda. Crea un documento in formato Excel (o Google Fogli) che segue il modello a questo link:
Come puoi vedere, al suo interno viene richiesta la presenza o la mancanza di una serie di risorse dalle quali trarre informazioni di valore per strutturare contenuti per l’azienda.
Una volta compilata questa checklist, la fase successiva prevede la creazione di un piano editoriale. Questo documento è importantissimo anche per gli eventuali futuri collaboratori, perché tramite questo solo documento potranno vedere la direzione presa finora dall’azienda, arrivando in poco tempo a possedere le informazioni necessarie per svolgere bene il loro lavoro.
6.5 Content Compass
Per le aziende di vino più avanzate esiste un ulteriore metodo per legare le attività offline con tutte quelle svolte online. Il ruolo del “content compass” (compass: bussola) è infatti quello di dare una direzione alla strategia di content marketing rispetto alle attività presenti e future dell’azienda, integrando il lavoro di più ambiti e più reparti. All’interno di questo documento andranno inseriti i mesi, gli argomenti, gli eventi, le parole chiave e le campagne di marketing connesse.
Tra le attività di una ottima strategia di content marketing c’è anche sicuramente la capacità di riciclare i contenuti, e questo vale anche per tutti quei produttori di vino che puntano a valorizzare il proprio prodotto. Anche con le migliori tecniche per generare idee, prima o poi scrivere nuovi contenuti diventa davvero difficile, e riciclare non significa essere ripetitivi, anzi: riproporre i contenuti permette di valorizzare il contenuto stesso sfruttando formati diversi e canali diversi.
Un tradizionale concetto della comunicazione e del marketing afferma che un messaggio, per essere colto dal pubblico, deve essere ripetuto almeno 7 volte prima di essere ricordato. Questo principio si chiama “The Rule of Seven” e fa proprio al caso nostro.
6.6 Analizzare le metriche di efficacia dei contenuti
Anche chi fa vino deve iniziare a cogliere l’importanza a livello economico dell’analisi e di determinati strumenti. Una volta avviate le attività di content marketing, è opportuno saperne valutare l’efficacia: bisogna misurare le giuste metriche, per vedere se ciò che stiamo facendo ha un riscontro effettivo rispetto ai nostri obiettivi aziendali.
Ci sono tre aree principali su cui concentrarci per tracciare le prestazioni di content marketing:
Brand Awareness ed Engagement
Lead Generation e Vendite
Fidelizzazione e Ritenzione (retention)
La brand awareness è ciò che può portare la tua impresa ed i tuoi prodotti ad alti livelli di notorietà sui motori di ricerca e tra i tuoi potenziali clienti.
Per comprendere come misurare se un contenuto ha ottenuto la notorietà a cui puntavi, è fondamentale che chi si occupa di queste attività in azienda sappia quali sono i canali e le metriche da misurare, tra cui per esempio: copertura dei contenuti pubblicati sulle pagine dei social media, numero di condivisioni del contenuto, numero di back link (link di altri siti che rimandano al tuo contenuto).
Chiaramente questa metrica comincerà a dare risultati nel lungo termine (dopo almeno 1 anno di attività), a meno che la distribuzione dei post sui canali social non sia integrata con campagne pubblicitarie (inserzioni sponsorizzate).
La misurazione della lead generation prevede l’analisi dei contatti che sono stati generati attraverso la compilazione dei form legati ad offerte di contenuto o per una semplice richiesta di informazioni.
Per misurarne l’efficacia, bisogna stabilire il Lead Score (il punteggio di ogni contatto rispettivamente ai nostri obiettivi): quanti lead hai generato grazie ai contenuti? Gli utenti hanno scaricato qualcosa o hanno mandato una richiesta di informazioni? Le offerte di contenuto scaricabile a quali stadi del buyer’s journey corrispondono? Quante vendite hai generato con i contenuti, o meglio, quali sono i contenuti dai quali sono arrivati gli utenti diventati poi clienti? E così via.
In qualsiasi mercato, e a maggior ragione nel settore del vino, fidelizzare un cliente non è una cosa semplice. Il valore economico è proprio nella fidelizzazione: la probabilità di rivendere ad un cliente già acquisito è del 60/70%, ad un nuovo cliente è del 5/20%, ed acquisire un nuovo cliente può costare fino a 4 volte in più rispetto a vendere nuovamente ad un vecchio cliente.
Dunque, per comprendere quanto sia efficace l’attività di content marketing (e in generale del marketing) devi chiederti: qual è il valore ciclo-vita di un cliente? Sei in grado di comparare il lifetime-value (valore ciclo-vita) di un cliente che è entrato attraverso un contenuto scaricato rispetto ad un contatto che ti ha conosciuto attraverso altri canali? Con quale frequenza mediamente i clienti acquistano da te? Stanno consigliando la tua impresa ad altri? Tornano per acquistare altro?
Tutte queste domande sono utili per misurare l’efficacia delle tue attività di content marketing e per calcolare i ritorni d’investimento sulle attività del marketing.
Alcuni strumenti utili per calcolare l’efficacia del content marketing:
· Per controllare (e mostrare) il numero di condivisioni: Addthis
· Per controllare i backlink (o inbound link): Google Search Console
· Per valutare il traffico proveniente dai diversi canali: Google Analytics
· Per creare link con i quali monitorare le prestazioni di un contenuto: Campaign URL Builder
· Per tracciare e valutare l’affidabilità di un link e vedere dove porta senza rischiare nulla: Redirect Tracker.
7. Il social media marketing nel settore del vino: strategia e metodo
I social media sono ormai essenziali alle aziende di vino nel 2018, dato che su 59 milioni di abitanti totali in Italia, 35 sono attivi sui social media. È vero che nel mondo del vino conta la qualità delle bottiglie e l’equilibrio fra tradizione ed innovazione..ma non basta più.
Ormai il mondo è connesso a tutte le ore del giorno e bisogna comunicare il valore della propria produzione della propria qualità, per mostrare alle persone l’identità della propria azienda e le bellissime creazioni che la natura e le mani umane ci donano insieme.
Non ci si può più permettere di mettere il marketing in secondo piano: il social media marketing per il settore vitivinicolo è ormai obbligatorio.
Ma quale social media scegliere?
Iniziamo dicendo che non è obbligatorio averli tutti: è meglio averne pochi e gestiti bene, che essere presenti male ovunque. È fondamentale scegliere quei canali che possono garantirci migliori opportunità di successo rispetto ai nostri obiettivi.
Ogni social è più adatto ad un certo tipo di contenuto: Youtube è perfetto per i video e si rivolge ad un pubblico di massa (è il social media più utilizzato in Italia e il secondo più utilizzato nel mondo). Potrebbe essere un ottimo canale sul quale distribuire video professionali (anche con i droni);
Instagram è ottimo sia per i video, che per le stories e le foto: se il vostro target è molto giovane, Instagram è sicuramente il social che dovete valutare di più.
Anche Pinterest è ottimo per le immagini, mentre Linkedin è un ottimo social soprattutto per quanto riguarda il mercato B2B, anche se si possono ottenere risultati eccellenti anche su Facebook.
Il vino è pieno di bellissimi paesaggi e immagini, ossia: spunti per milioni di contenuti! Tutto questo va valorizzato, perché forse voi lo date per scontato, ma non tutti possono vederli così spesso.
L’importanza di Facebook come social media è quasi scontata: non solo è quello più utilizzato, ma la sua piattaforma pubblicitaria ci dà la possibilità di far conoscere i nostri prodotti ad un pubblico enorme e di concludere le vendite (anche per l’Horeca). Questa è una grande opportunità, se pensiamo invece ai costi che hanno le pubblicità su riviste o televisione.
Le Facebook Ads ci permettono di selezionare il target che vogliamo per ogni aspetto: età, interessi, lavoro, genere..non male no?
Da quando Facebook ha iniziato a modificare un po’ le carte in tavola, i contenuti non pubblicizzati arrivano a pochissimi dei nostri fan (circa il 10% dei fan), e ci costringe ad investire di più in advertising.
Ma iniziamo con qualche suggerimento riguardo i contenuti organici: per esempio, ogni quanto bisogna postare?
Ci sono due scuole di pensiero in merito:
Per qualità: meno post, per ottenere più engagement per post.
Per quantità: più post, per raggiungere più persone possibili (che ovviamente non significa pubblicare contenuti di qualità pessima!).
Non c’è modo giusto o sbagliato, anche se oggi l’algoritmo di Facebook premia più l’interazione del pubblico con il post (quidi premia la qualità in rapporto al pubblico di destinazione). Tutto dipende dal vostro piano di marketing e dal vostro target; l’importante è che abbiate un piano editoriale e che lo manteniate costante, perché Facebook (e anche i vostri utenti!) valutano la costanza, e soprattutto, la coerenza.
Rifletti sull’identità della tua azienda: puntate ad una nicchia? Puntate ad un pubblico ampio? Siete biologici o biodinamici e puntate ad un pubblico interessato alla salvaguardia di alcune pratiche agricole? E ancora: qual è il motivo per cui utilizzate i social media? Per generare nuovi contatti? Per rimanere in contatto con i vostri clienti?
Ogni obiettivo ha il suo metodo: ciò che è importante per fare social media marketing nel settore vitivinicolo è avere un piano molto chiaro. Un piano operativo deve essere: misurabile, con una scadenza e ben inquadrato.
L’analisi finale dei dati è importantissima: i social media mettono a disposizione una parte analitica dove potete controllare l’andamento delle vostre campagne e dei vostri contenuti. Valuta i risultati, anche per capire cosa piace maggiormente al vostro pubblico.
Cosa posta una azienda di vino sui social? Si parla sempre più spesso di video, sia per fare brand awareness, comunicare i valori aziendali, sia per mostrare la vita di tutti i giorni dietro alle quinte, ma ricordiamoci sempre che le foto presentano ancora il miglior rapporto tra costo per la sua produzione ed efficacia.
I video sono però ormai importanti: molti preferiscono guardare video piuttosto che leggere un articolo (magari molto lungo come questo 😁).
Ricordatevi di inserire i sottotitoli: molte persone guardano video senza audio, e se scegliete di investire in video dovete assolutamente inserire dei sottotitoli. Esistono molti strumenti, come per esempio Clips (utilizzabile da utenti Apple su Iphone), che vi aiutano ad aggiungere sottotitoli ed elementi grafici al vostro video. Molto semplice e molto utile per dei video non troppo seri!
Tutto dipende sempre da quale social media scegliete: cerca di capire quali piattaforme usa di più il vostro target. Tieni sempre a mente che tutto quello che scrivete e postate deve interessare al vostro target, prima che a voi stessi. Naturalmente deve essere in linea con l’azienda e la sua filosofia, ma chi devi raggiungere sono i vostri potenziali clienti!
Cerca sempre di coinvolgere il pubblico con i vostri contenuti: che si tratti di contest, pareri o per creare community. L’assistenza ad ogni singolo dubbio e domanda deve essere delle migliori: nel 2019 è un suicidio ignorare le richieste dei clienti sui social media. Il customer service ormai si svolge meno via telefono o e-mail, e molto di più sui social: è quindi ormai vitale rispondere ad ogni singolo messaggio e richiesta.
I dati dimostrano che ormai le persone preferiscono mandare una email o un messaggio, rispetto a telefonare. Tutto questo richiede del tempo, della disponibilità e della pazienza: è vero, ma è basilare.
Le aziende migliori sono quelle che mettono il servizio clienti e soprattutto la customer experience al centro di tutto.
Questa guida è molto lunga, vero?
Non preoccuparti, puoi scaricarla e consultarla quando più ti servirà 👉
Alcuni consigli per dei social media coinvolgenti
- Se vedete che nessuno interviene nei vostri post, spesso dovete soltanto rompere il ghiaccio voi con qualche profilo privato: gli utenti commentano più facilmente un post che è già stato commentato.
- Fate sì che i vostri utenti creino contenuti sul vostro brand: questi creano più coinvolgimento e valgono di più di quelli creati da voi!
Delle piccole attenzioni per invogliarli a creare contenuti si possono proporre all’interno delle stesse aziende: nella zona degustazioni inserite in un punto ben visibile la scritta la password del Wifi, perché questo facilita la connessione degli utenti e la loro condivisione di post presso la vostra località. Potreste inserire qualcosa di tipico o spiritoso con cui i vostri visitatori possono farsi una foto, come una mascotte o un’area con qualcosa di tipico della zona, che sarà sicuramente condivisa con i loro amici, e genererà commenti!
- Valutate i live streaming e informatevi sugli influencer: sono entrambi ormai molto importanti.
- Uno dei fattori da non dimenticare mai è la responsività dei contenuti: ottimizzate sempre tutto per la versione mobile. Ormai il 95% di chi utilizza Facebook e gli altri social media lo fa dal proprio smartphone e solo in determinate occasioni dal pc.
Oltreoceano vanno molto di moda i wine club: non abbiamo un vero e proprio concetto di wine club in Italia ma si può lavorare sulle community, come i gruppi di Facebook. Fate sentire speciale chi ne fa parte, con offerte rivolte soltanto a loro (inviti a cene riservate, anteprime di bottiglie che ancora non sono sul mercato). Lavorate molto con l’e-mail marketing, soprattutto con i vostri clienti più affezionati!
Se non lo state già facendo, iniziate a pensare davvero alla creazione di una vostra community.
Se pensate che il vostro obiettivo siano le vendite, 3 volte su 4 vi state sbagliando. Dovete essere prima arrivati a meritare le vendite: l’acquisto è un processo lungo da parte del cliente, e prima di essere arrivati alla vendita, dovete aver conquistato il cliente. Parliamo di un vero e proprio ‘viaggio del cliente’ (Customer Journey), da quando inizia a conoscere la vostra azienda, fino a visitarla e ad acquistare una vostra bottiglia. Questo viaggio può essere seguito e migliorato tramite il social media marketing, e ogni cliente va nutrito e seguito personalmente dall’inizio, fino a dopo gli acquisti con un servizio di post-vendita.
Tutto questo crea relazioni: le relazioni sono importantissime nel settore del vino.
È un processo più lungo del semplice acquisto istantaneo (che a volte semplicemente avviene!) ma porta molte più vittorie a lungo termine, come il passaparola positivo e delle ottime recensioni online: chi non vi conosce si fiderà sempre di più del parere di qualcuno esterno all’azienda rispetto al vostro.
Negli ultimi anni utilizziamo molto di più il web ma c’è sempre meno fiducia verso l’online (vedi casi di furto di dati come Cambridge Analytica) e se riuscite a far sì che i vostri clienti si fidino di voi, sarete già molto avanti.
Ciò che nel 2019 si premia è la differenziazione di contenuti ed identità, visto che ormai diventa difficile trovare qualcosa di davvero originale e particolare. Potete iniziare a lavorare su questo: cos’è che vi rende diversi dagli altri? Non pensate solo al prodotto di qualità, guardate oltre.
Sviluppate le relazioni umane online ed offline, deliziate i vostri fan e fate sì che parleranno bene di voi. Il settore del vino rimane sempre un settore di convivialità e condivisione, non scordate mai questo. E sappiate che il settore del social media marketing continua sempre più a crescere: in Italia il vino rimane sempre un po’ indietro e prima entrate in questo universo e meglio è, perché le cose cambiano sempre più in fretta e non è più possibile rimanerne fuori.
8. Email marketing per il settore vitivinicolo: strategia e metodo
Le email sono morte? Se lo stanno chiedendo in molti, soprattutto in un panorama in cui la comunicazione tra aziende e clienti è sempre più popolata da chatbot e app di messaggistica istantanea.
Eppure nel B2B, e quindi anche nel settore vitivinicolo, le email restano, insieme al telefono, lo strumento più efficace per la chiusura di una vendita o di un contratto.
Il senso di esclusività, il grado di personalizzazione e la possibilità di essere inviate “al momento giusto” fanno sì che le email possano ancora essere la chiave di volta per trasformare un semplice contatto in un cliente.
Le email sono morte? No, godono di ottima salute.
8.1 Impostare una strategia di email marketing per un’azienda vitivinicola
Così come gli altri strumenti che compongono una strategia di inbound marketing, una email è efficace se è innanzitutto orientata al cliente. In pratica, le email inviate da un’azienda vitivinicola ai propri contatti (potenziali clienti o clienti acquisiti) devono apportare valore per l’utente, rispondendo ai bisogni specifici di quelle persone. Sembra banale ma non lo è: solo il 3% dei buyer, ad esempio, dichiara di ricevere comunicazioni pertinenti e rilevanti rispetto a ciò di cui si occupano.
Inoltre, è necessario ragionare in ottica integrata e comprendere il ruolo delle email nell’intera strategia di marketing del vino: le email non possono essere utilizzate per tutti gli obiettivi aziendali. Bisogna dunque definire l’obiettivo per il quale un’azienda vitivinicola vuole impostare delle campagne di email marketing.
Considerando che un utente fidelizzato vale statisticamente 10 volte il valore del suo primo acquisto, uno degli obiettivi potrebbe essere, ad esempio, l’aumento della fedeltà al brand di determinate fasce di clienti.
La scelta dell’obiettivo di fidelizzazione non è casuale: all’interno del Customer journey, infatti, l’email marketing si inserisce negli stadi di Close e Delight.
Nel momento in cui una persona si iscrive a una newsletter, scarica un contenuto o compila un form donando la sua email, ha già superato gli stadi di Attract e Convert e diventa un lead a tutti gli effetti
Da qui in poi gli sforzi di chi si occupa di marketing sono concentrati sul trasformarlo in un cliente, e le email sono uno degli strumenti più efficaci per raggiungere questo obiettivo. Ma non finisce qui: anche quando il lead è diventato un cliente, il gioco continua, perché il processo di fidelizzazione prosegue nelle fase di Delight, momento in cui il marketing vitivinicolo deve cercare di mantenere il cliente fino a farlo diventare un promotore del brand.
In una strategia inbound, il ricorso all’email marketing implica quindi l’identificazione dei punti di contatto nel processo di marketing e vendita e la mappatura del contenuto delle email nel Buyer’s Journey, definendo cosa dire e in che momento.
Il vantaggio è quello di definire a priori cosa avverrà in corrispondenza di determinati eventi. In pratica, ad ogni azione dell’utente può essere associato un processo automatico (workflow) che consiste nell’invio di una o più mail in un determinato intervallo temporale:
Cosa succede se nell’eCommerce aziendale l’utente abbandona il carrello?
Riceve una mail in cui viene invitato a concludere l’ordine in cambio di un omaggio, ad esempio.
L’utente ha appena effettuato un acquisto?
Riceve una mail di riepilogo e, ad esempio, una guida su come abbinare al meglio il suo vino.
8.2 Email marketing del vino: chi ben comincia è a metà dell’opera
Partiamo con ordine. Prima di poter parlare di email marketing per il vino, qualsiasi azienda deve innanzitutto verificare che ci siano le condizioni per instaurare un rapporto via email con i propri utenti.
Il regolamento sulla protezione dei dati personali (GDPR) ha introdotto delle norme molto precise in tal senso e, per non incorrere in sanzioni, è obbligatorio valutare con attenzione:
la fonte dalla quale provengono gli indirizzi email ai quali si inviano delle comunicazioni
il possesso dell’autorizzazione per inviare delle comunicazioni a un determinato utente.
Questo secondo aspetto, tra l’altro, assume una rilevanza ancora maggiore se ci si mette nei panni degli utenti: chi non ha lasciato il proprio indirizzo, non vuole ricevere email da parte di mittenti sconosciuti ai quali non ha dato il proprio consenso; chi lo ha fatto, invece, ha già dimostrato un genuino interesse verso la cantina, le sue attività o i suoi prodotti.
Lo scopo del content marketing è proprio quello di creare contenuti in grado di assecondare questo interesse e trasformare un visitatore anonimo in un lead. Lo scopo dell’email marketing, invece, è quello di creare una relazione per trasformare un lead in un cliente attraverso un processo che viene definito lead nurturing (letteralmente, nutrimento del contatto).
Smarcate le questioni legali, il primo passo per un’azienda vitivinicola che vuole impostare un’attività di email marketing è quello di raccogliere le email valorizzando i contatti già acquisiti.
Uno degli errori che si fa molto spesso, infatti, è pensare di dover iniziare da zero. In realtà, ogni azienda possiede già un panel di contatti da sfruttare: buyers incontrati ad una fiera, potenziali clienti di specifici mercati, partner di vecchia data o chiunque abbia lasciato il suo biglietto da visita durante un evento.
Già in questa fase, diventa fondamentale l’organizzazione dei dati e la creazione di liste omogenee di utenti sulla base del loro canale di provenienza (web, evento, …), del loro status (lead, cliente, fornitore, …) o di qualsiasi parametro utile a caratterizzarli.
Si tratta di un’attività, definita segmentazione, indispensabile e propedeutica a un’efficace strategia di email marketing per il settore vitivinicolo. È ciò che fa in modo di inviare la mail giusta alla persona giusta ed è ciò che permette ad un’azienda vitivinicola di creare comunicazioni personalizzate in grado di far sentire speciale l’utente.
Come ad esempio un coupon sconto per una bottiglia di vino il giorno del compleanno di un iscritto alla newsletter.
Ma, riprendendo l’esempio appena citato, come conoscere la data di nascita di un iscritto alla nostra newsletter?
Una buona segmentazione è possibile solo se alla base è stata fatta una buona profilazione, cioè se sono state raccolte quante più informazioni possibili e di qualità per conoscere la Buyer Persona, i suoi obiettivi e ciò che si aspetta da una campagna di email marketing sul vino.
Il fine ultimo è quello di creare una strategia guidata dalla relazione con l’utente (relationship-driven strategy), personalizzando il più possibile la comunicazione per instaurare un rapporto duraturo. In pratica, fare in modo che il lead o il cliente voglia ricevere le email perché soddisfano i suoi interessi.
Le informazioni da raccogliere per ogni contatto, quindi, vanno oltre i tradizionali dati anagrafici e possono arricchirsi anche di attività offline (ha partecipato a una visita in cantina) e comportamenti online (ha cliccato su un determinato contenuto dell’ultima email, ha scaricato uno specifico e-book dal sito o non visita l’eCommerce da 90 giorni).
Per il mercato B2B gli esempi possono essere molto simili.
Il target sono ristoratori o, più in generale, in settore Horeca?
Parti dal presupposto che spesso le informazioni che per te sono importanti, lo sono anche per il tuo target.
Un esempio?
Le tendenze di consumo di determinate tipologie di vino (il rosato e lo spumante ad esempio).
Se si assiste ad una crescita nel consumo di queste tipologie di vino, l’azienda vinicola si adopererà per soddisfare questa esigenza del mercato e il ristoratore vorrà disporre di più bottiglie da poter servire.
È facilmente intuibile che, al crescere dei contatti da gestire e delle informazioni da raccogliere, aumenterà anche il livello di complessità delle strategie di email marketing del vino e dei possibili flussi di email da gestire.
Oltre che delle competenze, un’azienda vitivinicola che vuole puntare sulle email, deve perciò dotarsi di specifici software di email marketing o di marketing automation (che di solito integrano o sono integrabili con i primi).
È questo forse un tassello sottovalutato nel settore del vino, in cui molte realtà hanno ancora la falsa speranza di poter gestire tutto in casa.
8.3 Il metodo: consigli utili su come avere successo con le email
Passiamo alla pratica: forma, design e analisi delle principali metriche per capire cosa sta funzionando e cosa dovrebbe essere migliorato nelle email che un’azienda vitivinicola invia ai propri contatti.
Ogni email deve avere un obiettivo chiaro e per definirlo è necessario basarsi sulle 5 W:
WHO: Chi è il destinatario della email?
WHAT: Cosa, quale azione, dovrebbero fare gli utenti che leggono la email?
WHEN: Quando, in che giorno e orario o in corrispondenza di quale evento, viene inviata la email?
WHERE: Dove si trovano gli utenti nel momento in cui leggono la email?
WHY: Per quale motivo viene inviata la email? E’ utile per chi la riceve?
Ecco qui alcuni punti essenziali riguardanti forma e design della mail:
qualsiasi email deve obbligatoriamente essere responsive e ottimizzata per i dispositivi mobili, da questo punto di vista la maggior parte dei software di email marketing risultano di grande aiuto in quanto danno la possibilità di visualizzare un’anteprima mobile di ciò che si sta per inviare;
l’oggetto delle email deve essere breve, rilevante per la Buyer Persona, non commerciale e, se necessario, personalizzato;
all’interno di una email dovrebbe sempre esserci una CTA, quindi un link o un pulsante, che faciliti il percorso dell’utente verso l’obiettivo di conversione prestabilito;
il contenuto testuale e grafico dell’email deve essere costruito con la modalità della piramide rovesciata, cioè richiamare sin da subito l’attenzione dell’utente e trascinarlo più in basso verso la CTA finale
Per quanto riguarda le metriche, l’approccio mentale necessario per mettere in atto una strategia di email marketing per il settore vitivinicolo, deve essere sempre data-driven e orientato all’ottimizzazione.
Le metriche da analizzare sono di 3 tipologie:
individuali dell’email: si riferiscono alla performance della singola email, come ad esempio tasso di apertura (open rate), click (CTR) e conversione (conversion rate);
di canale: misurano le prestazioni della posta elettronica rispetto agli obiettivi aziendali e permettono di confrontare i risultati, ad esempio in termini di traffico, click e conversioni, dei vari canali che fanno parte di una strategia di marketing del vino;
di Email Health: si tratta di indicatori che servono a stabilire lo stato di salute del dominio email dell’azienda vitivinicola, le più importanti sono bounce rate (percentuale di email che non vengono consegnate sul totale) e fattore deliverability (percentuale di email che vengono consegnate sul totale).
Il monitoraggio di queste metriche permette di capire e migliorare costantemente la strategia di email marketing di qualsiasi azienda, anche di quelle operanti nel settore del vino.
Bisogna ricordare, infine, che l’analisi dei dati è un processo che richiede tempo e non può prescindere da una corposa fase di test e sperimentazione, che fanno sempre parte del lavoro di chi si occupa di marketing vitivinicolo.
Considerazioni finali
Applicare processi di digitalizzazione implica adottare strumenti e metodologie nuove, le quali necessitano a loro volta dell’accettazione da parte dell’intera azienda e di tutti i suoi reparti, dalla produzione, alle vendite, fino al servizio clienti.
Questa guida deve aiutare tutte le aziende del mercato vitivinicolo italiano a valorizzare la propria unicità tramite l’applicazione di una metodologia chiara, di strumenti tecnologici e, soprattutto, tramite le informazioni. Oggi infatti, in un contesto di trasformazione digitale, è proprio il dato (e la sua evoluzione in informazione), che assume le caratteristiche di una vera e propria leva sulla quale basare il proprio valore di azienda, vitigno e lavoro dell’uomo. Il terroir.
Prima dell’applicazione di questa metodologia serve però comprenderne la potenzialità per la propria impresa.
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